Come
ormai avrete capito, sto diventando un fermo sostenitore del gioco indie da
sgranocchiare nelle (poche) ore libere. Ma non solo. Giocando a Wolfenstein:
The New Order, recuperato con solo (!?) un anno di ritardo,
mi sono reso conto che certe tipologie di giochi non esistono più. The New
Order è una sorta di ultimo baluardo del videogioco vecchio stile. Dura 15-20
ore, non c’è traccia di multiplayer, è vario, impegnativo e longevo al punto
giusto. Ma è concettualmente vecchio. Dopo, appunto, una ventina di ore, si
ripone sullo scaffale, vero o digitale, e non lo si tocca più. Questo è un
male? Per me no. Ma nell’attuale mercato dei videogiochi, dove si punta sempre
più nell’evitare che l’utente riporti il gioco da GameStop nel giro di una
settimana, rappresenta un esempio più unico che raro. Oltre a Wolfenstein, mi
viene in mente solo The Order 1886, criticato proprio per la scarsa durata, la
linearità e le troppe sequenze non interattive. E infatti centinaia di copie
giacciono ora sugli scaffali dei numerosi punti vendita GameStop sparsi per il
territorio italico.
Ormai
i videogiochi si dividono in due categorie: free roaming con o senza
multiplayer e giochi con componente online preponderante. Nella prima categoria
rientra la quasi totalità dell’offerta videoludica disponibile in retail,
mentre della seconda ne fanno parte titoli come Call of Duty, Battlefield ed
altri esclusivamente online come Titanfall ed il futuro Star Wars Battlefront.
Vero, molti dei giochi che appartengono a questi due generi rimangono nella case
dell’utenza per mesi, magari anche per anni. Quindi è giusto seguire e
perseguire questa tendenza. Sono il primo a sostenerla. Però da videogiocatore
ormai non più di primo pelo e con poco tempo a disposizione mi ritrovo con
esperienze online nelle quali non potrò mai eccellere per mancanza di tempo da
dedicare al miglioramento delle mie skill o dall’altra parte con una vagonata
di free roaming che durano dalle 40 alle 100 e passa ore. E se io invece
volessi un titolo bello, difficile e divertente, esclusivamente single player e
nel quale non mi devo perdere per ore in un mondo aperto? Sono destinato ad
abbandonare il mio passatempo preferito perché impossibilitato a dedicare una
media di cinquanta ore a gioco?
The
New Order me lo sono goduto, e pure tanto. E mi godrò a partire da questo fine settimana anche The Old Blood, appena uscito su Xbox One e PlayStation 4. Ma è un titolo
ormai anacronistico nell’attuale panorama videoludico. E io stesso mi sento
anacronistico come videogiocatore. Nelle ultime settimane mi sono ritrovato un
po’ in crisi proprio per questo motivo. Mi sento come il protagonista di The
New Order, un soldato da solo in mezzo ad un campo di battaglia, con proiettili
che fischiano a pochi centimetri dalle mie orecchie. Mi sento come William J.
Blazkowicz, ovviamente senza
la sua prestanza fisica, ma ne condivido metaforicamente la situazione. Mi
sento un po’ solo, risvegliato dopo un lungo sonno e ora non
totalmente a mio agio con le nuove tendenze. D’altronde sono social ma non come
lo sono i quindicenni di oggi e sono videogiocatore ma non come lo sono i
quindicenni di oggi. Giusto che il videogioco viva una fase di crescita, evoluzione
e cambiamento. Ma quanto io sono in grado di adeguare il mio stile di vita a
questo cambiamento? Domande importanti, quasi come “chi siamo” e “da dove
veniamo”. A parte gli scherzi, il tempo libero diminuisce ma cresce
esponenzialmente il tempo medio che è necessario dedicare ad un videogioco. E
questo crea interrogativi nella vita videoludica di una persona che sta
avanzando inesorabilmente verso i quaranta. Ma è solo un mio interrogativo?
La risposta secondo me è un no. Sono anni
che ci sentiamo dire che i platform “non tirano più” o “non interessano ad un
pubblico adulto” o ancora “sono destinati a scomparire”. Solo Nintendo continua
a spingere forte su questo genere. Sulle console Sony e Microsoft e su PC sono
praticamente scomparsi. C’è LittleBigPlanet e poco altro. Ma i bei platform di
una volta? Vetusti, passati, destinati a scomparire. Dentro il bidone del
riciclabile. Rare, la principessa dei platform (la regina è ovviamente
Nintendo), spostata a fare gli avatar di Xbox e Kinect Sports. Eppure la fame
c’è, è sommersa, arriva dal basso come una sommossa popolare. E risponde al
nome di Kickstarter. Come c’è fame di RPG old style, vedi i tanti quattrini
incamerati da Pillars of Eternity, c’è anche fame di platform. Infatti Yooka-Laylee,
seguito spirituale di Banjo Kazooie, finisce per raggiungere l’obiettivo in
quaranta (sì avete letto bene, QUARANTA) minuti ed in pochi giorni a
raggiungere oltre un milione e quattrocentomila sterline. I backers per ora
sono 43.500, forse pochini rispetto ai milioni di persone che acquistano un
gioco tripla A, ma è un segnale di risveglio, di voglia di vedere sul mercato
titoli che appartengono a generi differenti rispetto a quelli che sono sulla
cresta dell’onda. Una voglia di far capire che i giocatori di vecchia data
hanno il desiderio di godersi delle gustose esperienze retrò: sono pronti ad
abbracciare il cambiamento, ma un bel gioco da apprezzare da soli sul divano è
ancora dannatamente divertente.
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Di
giovedì, maggio 07, 2015





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