giovedì 7 maggio 2015


Come ormai avrete capito, sto diventando un fermo sostenitore del gioco indie da sgranocchiare nelle (poche) ore libere. Ma non solo. Giocando a Wolfenstein: The New Order, recuperato con solo (!?) un anno di ritardo, mi sono reso conto che certe tipologie di giochi non esistono più. The New Order è una sorta di ultimo baluardo del videogioco vecchio stile. Dura 15-20 ore, non c’è traccia di multiplayer, è vario, impegnativo e longevo al punto giusto. Ma è concettualmente vecchio. Dopo, appunto, una ventina di ore, si ripone sullo scaffale, vero o digitale, e non lo si tocca più. Questo è un male? Per me no. Ma nell’attuale mercato dei videogiochi, dove si punta sempre più nell’evitare che l’utente riporti il gioco da GameStop nel giro di una settimana, rappresenta un esempio più unico che raro. Oltre a Wolfenstein, mi viene in mente solo The Order 1886, criticato proprio per la scarsa durata, la linearità e le troppe sequenze non interattive. E infatti centinaia di copie giacciono ora sugli scaffali dei numerosi punti vendita GameStop sparsi per il territorio italico.


Ormai i videogiochi si dividono in due categorie: free roaming con o senza multiplayer e giochi con componente online preponderante. Nella prima categoria rientra la quasi totalità dell’offerta videoludica disponibile in retail, mentre della seconda ne fanno parte titoli come Call of Duty, Battlefield ed altri esclusivamente online come Titanfall ed il futuro Star Wars Battlefront. Vero, molti dei giochi che appartengono a questi due generi rimangono nella case dell’utenza per mesi, magari anche per anni. Quindi è giusto seguire e perseguire questa tendenza. Sono il primo a sostenerla. Però da videogiocatore ormai non più di primo pelo e con poco tempo a disposizione mi ritrovo con esperienze online nelle quali non potrò mai eccellere per mancanza di tempo da dedicare al miglioramento delle mie skill o dall’altra parte con una vagonata di free roaming che durano dalle 40 alle 100 e passa ore. E se io invece volessi un titolo bello, difficile e divertente, esclusivamente single player e nel quale non mi devo perdere per ore in un mondo aperto? Sono destinato ad abbandonare il mio passatempo preferito perché impossibilitato a dedicare una media di cinquanta ore a gioco?


The New Order me lo sono goduto, e pure tanto. E mi godrò a partire da questo fine settimana anche The Old Blood, appena uscito su Xbox One e PlayStation 4. Ma è un titolo ormai anacronistico nell’attuale panorama videoludico. E io stesso mi sento anacronistico come videogiocatore. Nelle ultime settimane mi sono ritrovato un po’ in crisi proprio per questo motivo. Mi sento come il protagonista di The New Order, un soldato da solo in mezzo ad un campo di battaglia, con proiettili che fischiano a pochi centimetri dalle mie orecchie. Mi sento come William J. Blazkowicz, ovviamente senza la sua prestanza fisica, ma ne condivido metaforicamente la situazione. Mi sento un po’ solo, risvegliato dopo un lungo sonno e ora non totalmente a mio agio con le nuove tendenze. D’altronde sono social ma non come lo sono i quindicenni di oggi e sono videogiocatore ma non come lo sono i quindicenni di oggi. Giusto che il videogioco viva una fase di crescita, evoluzione e cambiamento. Ma quanto io sono in grado di adeguare il mio stile di vita a questo cambiamento? Domande importanti, quasi come “chi siamo” e “da dove veniamo”. A parte gli scherzi, il tempo libero diminuisce ma cresce esponenzialmente il tempo medio che è necessario dedicare ad un videogioco. E questo crea interrogativi nella vita videoludica di una persona che sta avanzando inesorabilmente verso i quaranta. Ma è solo un mio interrogativo?


La risposta secondo me è un no. Sono anni che ci sentiamo dire che i platform “non tirano più” o “non interessano ad un pubblico adulto” o ancora “sono destinati a scomparire”. Solo Nintendo continua a spingere forte su questo genere. Sulle console Sony e Microsoft e su PC sono praticamente scomparsi. C’è LittleBigPlanet e poco altro. Ma i bei platform di una volta? Vetusti, passati, destinati a scomparire. Dentro il bidone del riciclabile. Rare, la principessa dei platform (la regina è ovviamente Nintendo), spostata a fare gli avatar di Xbox e Kinect Sports. Eppure la fame c’è, è sommersa, arriva dal basso come una sommossa popolare. E risponde al nome di Kickstarter. Come c’è fame di RPG old style, vedi i tanti quattrini incamerati da Pillars of Eternity, c’è anche fame di platform. Infatti Yooka-Laylee, seguito spirituale di Banjo Kazooie, finisce per raggiungere l’obiettivo in quaranta (sì avete letto bene, QUARANTA) minuti ed in pochi giorni a raggiungere oltre un milione e quattrocentomila sterline. I backers per ora sono 43.500, forse pochini rispetto ai milioni di persone che acquistano un gioco tripla A, ma è un segnale di risveglio, di voglia di vedere sul mercato titoli che appartengono a generi differenti rispetto a quelli che sono sulla cresta dell’onda. Una voglia di far capire che i giocatori di vecchia data hanno il desiderio di godersi delle gustose esperienze retrò: sono pronti ad abbracciare il cambiamento, ma un bel gioco da apprezzare da soli sul divano è ancora dannatamente divertente.
Unknown
Scritto da Unknown

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