Tra meno di 48 ore uscirà sul mercato uno dei titoli più attesi dagli appassionati negli ultimi anni. Sto parlando ovviamente di quel The Witcher 3: Wild Hunt che promette meraviglie da tutti punti di vista, non ultimo quello della narrazione, aspetto che ha da sempre contraddistinto positivamente la serie CD Project RED. Gli sviluppatori polacchi hanno ancora una volta posto molta enfasi sulla libertà concessa al videogiocatore, che nel terzo episodio della serie potrà, secondo quanto dichiarato, influenzare ancor di più con le proprie scelte il dipanarsi della storia. Questa presunta libertà decisionale, per ovvie ragioni ancora tutta da constatare nel titolo appena citato, è da sempre uno dei proclami più altisonanti di coloro che puntano forte su una narrazione ad effetto.
Negli ultimi dieci anni, con l’aumentare della potenza
computazionale a disposizione, gli sviluppatori hanno infatti provato a spingere forte
su questo aspetto, facendo leva spesso e volentieri sulla moralità delle scelte
messe di fronte al videogiocatore. Una “scorciatoia” per certi versi
comprensibile, dato che obbligare, spesso in poco tempo e inaspettatamente, l’utente
a prendere delle decisioni morali è la via forse più immediata per raggiungere
l’obiettivo desiderato. Nella maggior parte dei casi, il tutto ha trovato concretizzazione
nel più classico dei bivi decisionali, dove da un lato c’è la strada meno impervia,
più remunerativa, ma più immorale e dall’altro quella più faticosa, spesso caratterizzata
da apparenti privazioni, ma più in linea con quelli che, si presume, siano i connotati
morali di una persona “media”. Gli esempi di titoli che hanno sfruttato più o
meno efficacemente lo stratagemma della moralità binaria sono innumerevoli. Prendiamo
come esempio Bioshock: uccidere le sorelline per accaparrarsi immediatamente l’Adam
o salvarle non sentendosi in colpa e sperando in una ricompensa futura? La lista potrebbe facilmente
continuare con esempi del calibro di inFamous, Fallout, Heavy Rain, Mass
Effect, Fable, Deus Ex, The Walking Dead e gli altri titoli recenti di
Telltale, tutti prodotti dove, spesso attraverso dialoghi ad albero, altre
volte con semplici decisioni bianco / nero, l’utente viene portato a
convincersi di avere assunto un vero e proprio ruolo attivo nella trama.
Ma le cose stanno realmente così? Purtroppo no. Se si
analizzano le cose a mente fredda, ci si può rendere conto di come l’obiettivo non
sia stato praticamente mai raggiunto in maniera soddisfacente. Nella
maggioranza dei casi, infatti, si tratta più che altro di un’illusione, dato
che le scelte operate dal giocatore si sono rivelate capaci di influire solo su
aspetti marginali rispetto al reale dipanarsi della matassa narrativa
principale. È davvero così importante decidere chi salvare in The Walking Dead
se poi, in un modo o nell’altro, gli accadimenti principali (finale compreso)
restano quelli pianificati dagli sviluppatori? Aiutare o meno i cittadini
inermi in inFamous, oltre a diversificare i potenziamenti del protagonista, è
davvero capace di inficiare in maniera concreta l’esperienza di gioco?
Certo, ci sono casi (come la famosa decisione sul fare o
meno esplodere la città di Megaton in Fallout 3) che si sono rivelati
azzeccati, ma l’impressione è che su questo fronte si possa e si debba fare
ancora molto. E’ evidente che le risorse da investire siano ingenti e che la
necessità di coniugare il tutto con il gameplay renda difficile trovare un
giusto compromesso, ma si tratta senza ombra di dubbio di una delle
caratteristiche uniche di questo medium sulle quali, a mio avviso, varrebbe la
pena investire. D'altronde è inutile negare come il videogioco, a differenza di altre
forme di intrattenimento “passive” come musica, film e libri, abbia molte
potenzialità da questo punto di vista, dato che può far leva sul coinvolgimento
diretto dell’utente nell’azione.
Non resta che sperare che di questo si convinca anche un’industria
che invece continua a concentrarsi sulla classica gara a chi ce l’ha più duro
in termini di risoluzioni, texture e frame rate. Certo, è questo che l’utenza
sembra volere, ma una vecchia regola di mercato insegna che a volte le esigenze
vanno anche indotte… Non ci resta che sperare che il buon Geralt di Rivia
faccia da apripista ad un futuro maggiormente roseo da questo punto di vista.
Sarebbe un segnale decisamente positivo per la maturità del settore.
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