Così, dopo 4 anni e 3 mesi dalla sua pubblicazione (Red Dead Redemption è uscito in Europa il 21 maggio 2010), mi sono calato nei panni dell'ex-fuorilegge John Marston con un certo scetticismo, non tanto perché dubitassi della qualità dell'opera Rockstar in sé (i giudizi a suo riguardo sono stati unanimemente lusinghieri), quanto per una personalissima avversione per il genere western in generale e per il timore, dopo aver completato Watch_Dogs su PlayStation 4, di trovarmi di fronte ad un comparto tecnico difficilmente digeribile nella seconda metà del 2014. Beh... mai premesse furono più sbagliate!
Dopo circa 15 ore di gioco e, soprattutto, dopo aver valicato la metà della campagna principale, posso già dire senza paura di venir smentito di essere stato un idiota. Red Dead Redemption è un dannato capolavoro che non solo regge benissimo il peso dell'età, ma che meritava di essere giocato più del 95% degli altri titoli a cui ho dedicato tempo e fatica in questi anni.
Potrei iniziare a decantare le lodi del titolo Rockstar, soffermandomi sulla qualità sopraffina di mondo virtuale, personaggi e narrazione, ma non voglio fare di certo una recensione di un titolo di quattro anni fa giocato pressoché da tutti. Quello che, nel mio piccolo, vorrei fare (oltre a rendere merito ad una vera e propria gemma videoludica) è una riflessione sullo status quo di un'industria che a mio giudizio negli ultimi anni ha raggiunto una maturità quasi piena, tanto da essere in grado di proporre agli appassionati un'offerta quantitativamente e qualitativamente così elevata da costringere ogni videogiocatore dotato di una vita pseudo-normale a dover effettuare delle scelte dolorose.
Quando sento appassionati proferire la fatidica frase "in questo periodo non c'è niente da giocare" mi viene francamente da sorridere, quantomeno se si fa una fruizione del videogioco come quella del sottoscritto, dove tendenzialmente ogni titolo iniziato viene portato a termine. Pensavo che la lieve diminuzione di titoli "tripla A" previsti nel prossimo futuro avrebbe quantomeno mitigato questo problema, ma dopo E3 e Gamescom mi sono reso conto che questo spazio è stato colmato e forse ecceduto da un'offerta indie che nel corso dei prossimi mesi si presenta assolutamente prorompente sia in termini quantitativi che qualitativi.
Insomma, con un 2015 che pare avere tutte le carte in regola per venir ricordato come uno dei migliori anni che la storia ricordi, credo che se voglio evitare di crearmi nuovamente un costoso backlog next-gen debba necessariamente modificare le mie abitudini, cercando di trovare un equilibrio tra scelte videoludiche e tempo. Non sarà affatto facile, ma ci proverò.
Intanto chiamo il mio fido destriero e mi faccio una bella cavalcata virtuale nel New Austin per schiarirmi le idee. Chissà mai che non mi venga qualche lampo di genio...
.png)
Di
mercoledì, agosto 13, 2014



Bravo Gianluca, meglio tardi che mai! Non condivido pienamente, però, le tue prospettive riguardo il catalogo indie prossimo venturo. Ci sono, ci saranno delle gemme, è chiaro, ma da qui a dire che sapranno compensare il ridotto ritmo di uscite tripla A... Non saprei. Anche perché di titoloni in arrivo ce ne sono comunque parecchi, più di quanto il sottoscritto possa realmente godere... E, ahimè, il backlog non potrà far altro che crescere...
RispondiElimina