Questo perlomeno fino a qualche giorno fa, quando
ho scoperto (e visto) Edge of Tomorrow, con la premiata ditta Tom Cruise –
Emily Blunt. In modo particolare il film si poggia sull’ormai non più giovane
Tom ed il suo carico di ego e Scientology,
protagonista di questa pellicola fantascientifica basata sulla light novel giapponese
“All You Need is Kill”, scritta da Hiroshi Sakurazaka. La trama del film
diretto da Doug Liman è molto semplice: gli extraterrestri hanno invaso la
Terra e sembrano destinati a soccombere sotto i colpi dell’esercito umano,
capace di tenere testa alle creature aliene grazie all’utilizzo di esoscheletri
in grado di aumentare le capacità fisiche e le bocche da fuoco a disposizione
di ogni singolo soldato. E fin qui tutto semplice. Tom Cruise veste i panni del
maggiore Cage, più uomo-figurina che vero militare, inviato però in battaglia
(controvoglia) ed in prima linea in quella che dovrebbe (?) rappresentare il
colpo finale alle forze aliene. Senza svelare molto altro, Tom Cruise muore
dopo 15 minuti di film. E riparte da un checkpoint, nel senso che si risveglia
24 ore prima e ricomincia da zero. E muore ancora. E ancora. Muore ma impara
dai propri errori, come nei videogiochi. Capisce quali sono i pattern d’attacco
dei nemici, si ricorda se sbucano fuori dal terreno o da dietro una roccia e
migliora costantemente le proprie abilità in battaglia. Senza svelare altro
(quanto scritto poco sopra si vede nei trailer, così come i promotional poster
riportano la tagline “Live, Die, Repeat”), Edge of Tomorrow mi sembra la
migliore trasposizione del Game Over applicato al cinema. Ne cattura appieno lo
spirito ed è quanto di più vicino per concetto ad un qualsiasi videogioco d’azione
o sparatutto.
Certo, non è un capolavoro di sceneggiatura e le
interpretazioni sono adeguate a quello che vuole offrire il film, cioè due ore
di sano divertimento. E ci riesce appieno, portando su schermo un ritmo
estremamente serrato e scene a volte quasi comiche, soprattutto nei buffi
tentativi del maggiore Cage di arrivare al checkpoint successivo. Allo stesso
modo, in qualsiasi videogioco il giocatore si affanna e ce la mette tutta per
arrivare al checkpoint, livello, mondo o puzzle successivo. Mi chiedo se il
videogioco possa vivere senza Game Over e non ho una risposta precisa, sebbene
ci siano vari esempi di titoli che cercano di smarcarsi da questo concetto una
volta ritenuto basilare (To The Moon, i giochi di David Cage etc.). Ma siamo
sicuri di volere dei giochi senza game over? La mia risposta è un sonoro quanto
deciso, no.
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Di
mercoledì, ottobre 15, 2014




Spunto molto interessante, nonché consiglio cinematografico che mi appresto a seguire proprio questa sera. C'è pure un qualcosa nel tuo scritto che mi diverte molto: Cage é il protagonista di questo film basato sul concetto di Game Over & Retry, ed é pure colui che con i suoi videogiochi cerca di allontanarsene. Alquanto curioso, no? ;)
RispondiEliminaBell'articolo. Complimenti davvero. Non ho visto il film e ne sono molto molto incuriosito. Credo però che questa sorta di "esperimento" resterà un caso unico. Troppo difficile replicare le dinamiche di un videogioco in un film (già il processo è faticoso quando ci si limita ad una trasposizione cinematografica della trama, figuriamoci se ci si spinge oltre). Ad ogni modo liberissimo di ricredermi e di tornare sui miei preconcetti una volta visto il Blu-ray che mi presterai... ;-)
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