
Ci risiamo. Dalla stampa generalista, questa volta nostrana, arriva l’ennesima ondata di @@@.. ok diciamo moralizzante contro la violenza nei videogiochi. Per fortuna questa volta non c’è stato alcun fatto di cronaca nera a scatenare il dibattito, ma la semplice esperienza di un genitore “poco informato”, per utilizzare un eufemismo, alle prese con l’acquisto di un regalo per il figlio undicenne. Entriamo nel dettaglio.
Sabrina Salvadori
è pediatra affermata, nonché editorialista per il blog “La 27a ora” ospitato
dal Corriere della Sera. E’ del 22 Dicembre, ieri, il suo ultimo post, titolo “Videogiochi che «allenano» alla violenza”, seguito da una cover di GTA V. Il sunto: il
figlio undicenne le chiede il nuovo gioco di Rockstar per “Play Station”
(scritto esattamente così), perché è figo, ce l’hanno tutti i suoi amici. E
Sabrina senza nemmeno googlare un secondo si reca al negozio per l’acquisto, forzatamente
tradotto in prenotazione causa momentaneo esaurimento scorte. Nell’attesa,
viene invitata ad una conferenza per la divulgazione dei dati relativi al
progetto Pinocchio (una survey su larga scala che ha visto migliaia di giovani
interrogati – anonimamente - riguardo possibili esperienze con droga, alcool,
fumo, gioco d’azzardo e quant’altro) nonché per la presentazione del nuovo
libro di tal Prof. Galimberti riguardo le dipendenze giovanili. Oh, massimo
rispetto, per carità, soprattutto perché i risultati della sopra citata
indagine non sono per niente rassicuranti. Ma nell’esaminare queste persistenti
piaghe sociali i relatori hanno voluto anche dare dimostrazione di quanto l’educazione
“indiretta” possa istigare i giovanissimi a tali malsane, immorali abitudini. E
per farlo è stato mostrato un video di GTA V come riprova di quanto il
videogioco possa essere istigazione alla violenza, anche sessuale, al crimine,
al femminicidio (quante donne muoiono in GTAV rispetto agli NPC maschili?).
Vi invito a
leggere per intero il post della Salvadori, ma voglio citare e controbattere alcuni
passaggi.
“Ma come è possibile che esistano dei giochi simili, che delle persone possano inventare e programmare dei giochi così, e che oltretutto questi giochi possano essere messi in vendita nei negozi?”
Come esistono
film che della violenza fanno tema portante, o notiziari pronti a mostrare
immagini cruente giusto per fare audience (a proposito, guardatevi il recente “Lo
sciacallo”, merita). Grazie a Dio nel nostro paese la censura, a quanto sembra,
è stata abolita, e l’articolo della Salvadori ne è prova. All’individuo adulto è
concessa la libertà di scegliere quale opinione, quale contenuto più gli
aggrada.
Ed è responsabilità degli adulti educare i figli e i minorenni in genere,
applicando regole (esistenti) e buon senso.
“I ragazzi possono anche scaricarlo da internet, quindi completamente al di fuori del controllo dei genitori, molti dei quali non sanno nemmeno che questo si possa fare.”
Se i ragazzi
scaricano da Internet (pirateria esclusa, ma anche lì si tratta di educazione)
è perché il genitore non ha impedito che lo facesse utilizzando i semplici
strumenti che la tecnologia offre. Non occorre essere esperti, basta mezz’ora
di tempo per capirne i meccanismi. Il genitore ha il dovere di conoscere quel
che sta dando in mano ai propri figli, inutile dare colpe all’industria e alla
società.
“Sono stata ad un soffio dal regalare a mio figlio un’arma letale di cui non conoscevo la pericolosità, lo stavo per rovinare io stessa, che angoscia”.
Arma letale? Lo stavo per rovinare? Non esageriamo per cortesia. Ma sicuramente quell’”io stessa” ci sta, non è colpa di Rockstar se non sai leggere la classificazione PEGI.
E soprattutto: “Ma come possiamo pensare noi genitori di crescere una generazione di ragazzi sani se possono venire a contatto così facilmente con cose di simile nefandezza che persino un adulto ne resta sconvolto?”
Al di là che
personalmente GTA non mi sconvolge per nulla e ricordo scene ben più crude in
film e serie tv giustamente pluripremiate, capisco che una persona possa essere
più sensibile, più infastidita da certe tematiche. Basta informarsi e quindi
evitarle, così come io evito Barbara D'Urso e il Grande Fratello. E, per favore,
non attacchiamoci alla componente interattiva: non è quella a rompere la
barriera tra finzione e realtà, non in un individuo minimamente equilibrato. Ho
amici e conoscenti che videogiocano da sempre, tutto, e in nessuno di loro ho
mai notato atteggiamenti violenti, quindi basta generalizzare tanto per. Certamente
esistono eccezioni e soggetti molto più influenzabili, forse anche per una
natura, o educazione generale, già più aggressiva, sociopatica e deviata, ma rinnego
in toto una correlazione diretta tra violenza e fruizione di videogiochi. Certo
non sono uno psicologo, ma credo di avere quantomeno una certa esperienza del
media. E di certo tanti psicologhi non sono esperti di videogiochi.
Tornando al post
della Salvadori: “come può un genitore pensare di …” bla bla bla? Di nuovo, documentandosi
prima, controllando gli acquisti dei figli, usando il blocco genitori esistente
ormai su ogni dispositivo, capendo la funzione del PEGI (di cui mostriamo
alcune diapositive riassuntive). E magari dando in prima persona esempi di
positivo equilibrio e legalità, ma qui non voglio addentrarmi in giudizi che
non competono il sottoscritto.
Piuttosto,
preferisco focalizzarmi su quanto utile e di facile utilizzo sia il Pan EuropeanGame Information (PEGI). Da Wikipedia: “E’ il metodo di classificazione valido
su tutto il territorio europeo usato per classificare i videogiochi attraverso
cinque categorie di età e otto descrizioni di contenuto. È in uso da aprile
2003”. Undici anni. Questo sistema è utilizzato da tutti i publisher, e al potenziale
acquirente adulto basta guardare i simbolini sul retro di copertina del gioco
per capire se, come e perché il titolo sia o no adatto ai propri gusti e tanto
più alla fruizione di un minore.
Certo, in certi
casi questa classificazione è insufficiente perché, in Italia così come altri
Paesi, non è ancora supportata dalla legislatura. Vero che c’è tanto di più
importante da discutere nel nostro Parlamento in questo periodo, però un
piccolo spazio lo si potrebbe pure trovare, no? E non credo destra e sinistra
possano trovarsi in disaccordo sul da farsi.
E forse anche gli
stessi publisher dovrebbero spingere di più. La spesa pubblicitaria aumenta
progressivamente, che si dia più spazio allo spiegare cos’è il PEGI.. diciamo
qualcosa in più di un “PEGI 18” in apertura di spot. Certo, anche i negozianti
poi devono fare la loro parte. E’ chiaro che debbano vendere e preservare il proprio
posto di lavoro spesso sottopagato, ma hanno anche la responsabilità di
contribuire all’evoluzione della cultura videoludica, pure per le stesse personali
ragioni di cui sopra. Quindi perché non spendere due parole in più con il
potenziale acquirente? Questo non è accaduto con la Salvadori, e qui credo
fermamente in quanto da lei riportato.
Chi altri? Bè, la
stessa AESVI ha un suo ruolo, la cui efficacia però al momento non è direttamente
proporzionale ai propositi. Però basta guardare al di fuori del nucleo
familiare, davvero. La cultura e l’educazione, a tutti i livelli, si trasmette
in primis tra le mura domestiche. Noi tutti adulti, soprattutto chi genitore, ne
abbiamo il dovere. E per capire il contesto in cui le nuove generazioni stanno
crescendo è importante conoscerlo. Nel micro-universo dei videogiochi poi è
ancora più semplice: le fonti di informazione su internet sono infinite, basta
anche solo spendere dieci minuti per documentarsi sulla funzione di quello
strano bollino riportante un numero. Io ne sono convinto: sta tutto nel modo in
cui i giovani sono educati dalla famiglia, non è mai, e dico mai, colpa dei
videogiochi se qualcosa va storto.
E’ la vigilia di
Natale, attenti a non fare acquisti frettolosi per accontentare figli e nipoti
in modalità easy. Siate cauti, anzi siate consapevoli, e non fatevi nemmeno prendere dall’ansia,
non state trattando materiale pericoloso. Vi lascio con i miei più sinceri Auguri di un Buon Natale, che vi possa portare pace, salute e serenità.… E magari anche qualche bel gioco dotato di multiplayer offline per divertirvi in famiglia tra un’abbuffata e l’altra! :)
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Di
martedì, dicembre 23, 2014



Ottimo articolo caro amico. Condivido tutto. Hai esposto concetti di per sé ovvi, ma che evidentemente tanto ovvi non sono, nemmeno per gente acculturata, e lo hai fatto con estrema efficacia. Non resta che sperare che il solito gridare allo scandalo all'italiana non si tramuti in qualche legge porcata che imponga fantomatici divieti di commercializzazione per certe tipologie di prodotti. D'altronde, imitare la Germania va di moda. Non mi stupirei che lo si facesse anche per i suoi aspetti più contradditori...
RispondiEliminaUpdate importante.
RispondiEliminaIlaria Capua, Vicepresidente alla Commissione Cultura, ha dato seguito alla richiesta della Salvadori scrivendo ufficialmente al Presidente del Consiglio M.Renzi.
Il testo integrale della missiva è disponibile all'indirizzo http://www.ilariacapua.eu/videogiochi-un-problema-di-tutti . Non sono in disaccordo, ma spero che la risposta del governo, se mai ce ne sarà una, sarà quello di informare meglio i cittadini e magari rendere il PEGI legge in Italia come già in altri Paesi. Vade retro qualsiasi nuovo carrozzone di sorveglianza o, peggio ancora, censura.