No, non si tratta di quelle notti bianche in cui i negozi stanno aperti fino a tardi e noi ometti siamo pressoché costretti ad abbandonare il sacro divano ed il divino pad/telecomando per accompagnare l’amica/fidanzata/moglie/amante che sia alla ricerca del sandaletto definitivo. E nemmeno di quelle notti IN bianco di un passato notturno speso tra locali e storie d’amore stroncate sul nascere. E nemmeno di quelle future, anzi imminenti, che vivrò in quanto padre.
La White Night di OSome Studio è un avventura noir di grande atmosfera, quasi horror in molti elementi, e dallo stile visivo unico, fatto di tratti semplici, assenza di texture e palette quasi monocromatica: solo bianco e nero (nessuna piccante sfumatura di grigio, sorry) con l’eccezione del giallo per rappresentare le fonti di luce. Unica è pure la componente sonora, di nuovo minimalista ma efficace nel trasmettere tensione ed al contempo dare un gusto jazz all’esperienza.
Sono gli anni '30 della grande depressione americana, la location è una villa apparentemente abbandonata fuori città (Boston?), il protagonista un uomo con soprabito e cappello. Il nome è sconosciuto, le sue origini pure. Il tono cupo e la voce dei suoi pensieri ricordano il primo Max Payne, così come appunto l’atmosfera di cupa ed inevitabile decadenza generale. Il gioco, quello no, non ha nulla a che vedere con l’esperienza targata Remedy. In White Night non si spara, mai. Si esplora la casa, si risolvono puzzle di discreta concezione, si indaga sul mistero dell’inquietante dimora e del candido spirito che ha fatto sì che il Nostro capitasse proprio lì, in una notte buia, molto buia. L’oscurità è il primo nemico per la fragile e claustrofobica psiche del protagonista. Occorre restare alla luce per sopravvivere: la luce di una lampada, ammesso di trovarne una funzionante, o anche solo di un cerino, ammesso di averne con sé una scorta. Luce è vita per l’uomo, in quanto è morte per gli spettri. Viceversa il buio. Non c’è altro, se non alcune poltrone qua e là a concedere un istante di riposo in forma di save point. Non c’è mappa, non c’è uno schema di crescita del personaggio, non c’è inventario ma solo un diario. Questo è il succo di un gioco molto peculiare, in cui lo stile grafico, così categorico nel distinguere il bianco dal nero, agisce in funzione del gameplay.
La progressione è fortemente narrativa. I pensieri del protagonista, i dipinti, i ritagli di giornale e gli scritti sparsi per la casa raccontano una storia truce, molto ben confezionata nei suoi canoni noir, seppur con un ritmo un po’ più compassato di quanto avrei preferito. Lo è anche il modo in cui genera tensione nel giocatore. Non è P.T., non spaventa con volti spettrali che appaiono all’improvviso. Piuttosto costruisce un senso di palpabile oppressione, di pericolo costante, sempre riconoscibile e ben definito, coadiuvato e giustificato da una storia ben articolata.
La visuale è in terza persona, con inquadrature fisse in stile Mikami: ottime per nutrire la suspense, molto meno per agevolare il giocatore nei momenti di fuga, concausa la relatività direzionale dei comandi. Molto semplici questi, ridotti al minimo indispensabile ma funzionali alle meccaniche di gioco, ad eccezione dei succitati momenti più concitati, che possono purtroppo degenerare, nelle fasi più avanzate, in frustrazione. Vero è che tali istanti siano poco frequenti, ed il gioco proponga ritmi moderati nel suo essere più esplorazione che azione. Sarebbe meglio dire moderatamente moderati, perché la breve vita della fiamma di un fiammifero impone comunque un prudente tempismo nonché una certa pianificata parsimonia.
Senza svelare null’altro, se quanto scritto sopra tocca i vostri gusti allora dovete provare White Night. Non è un titolo per tutti, non è perfetto, ma sicuramente rappresenta una visione alternativa del genere survival-horror, migliorabile in alcune meccaniche ma confezionata con gusto e stile, in un pacchetto di cinque-sei ore di gioco che valgono pienamente il piccolo obolo richiesto.
Gioco molto interessante, acquistato subito ma ancora non provato. Il tuo articolo ha stuzzicato la mia curiosità, quindi con tutta probabilità lo inizierò durante le festività Pasquali...
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