The Order: 1886 è sicuramente un
prodotto controverso. Presentato da Sony come la prima vera esclusiva tripla A
per PlayStation 4, il titolo sviluppato da Ready At Dawn nel momento in cui
scrivo si assesta su una valutazione Metacritic pari a 65. Di sicuro non un bel
biglietto da visita… Sul titolo di casa Sony si sono scagliate le critiche non
solo della stampa specializzata, ma anche degli utenti, contrariati da un
gameplay eccessivamente teleguidato e da una durata complessiva dell’esperienza
di gioco giudicata insoddisfacente (anche in virtù dell’assenza del mulitplayer online). Ad onor del vero, a fare da contraltare a questi giudizi
negativi, si sono levate anche le voci di giocatori che, stanchi di titoli open
world iper vasti che per essere completati richiedono oltre 20 ore di gioco,
hanno in qualche modo finito per gradire il gameplay per certi versi
anacronistico di The Order.
Il mio giudizio si colloca nel
mezzo delle due tesi sopra esposte, ma non mi vorrei dilungare ulteriormente nella
disamina del titolo Sony. Di parole credo ne siano già state dette e scritte a
sufficienza, anche su queste stesse pagine. Questa vicenda mi ha però fornito lo
spunto per tornare su un tema che in questi anni non sono mai riuscito a
comprendere fino in fondo: la standardizzazione del prezzo dei videogiochi. È
sufficiente far visita ad uno qualsiasi dei rivenditori più famosi (online e
non) per rendersi conto di come il prezzo di lancio della stragrande
maggioranza dei prodotti sia fissato da anni tra i 60
e i 70 euro.
Certo, ci sono anche delle eccezioni (ad esempio i Captain Toad o i Just Dance a circa 40 euro), ma si tratta, appunto, di pochi casi, per lo più ristretti a titoli piuttosto particolari per natura o target di riferimento. Bisogna altresì tenere in considerazione di come al giorno d’oggi, complici la maggior flessibilità garantita dalla digital delivery e le numerose campagne promozionali messe in campo dai principali competitor, sia sufficiente non farsi prendere dalla foga del day-one ed aspettare qualche mese per potersi accaparrare lo stesso titolo ad un prezzo fortemente ridotto rispetto a quello originale.
Certo, ci sono anche delle eccezioni (ad esempio i Captain Toad o i Just Dance a circa 40 euro), ma si tratta, appunto, di pochi casi, per lo più ristretti a titoli piuttosto particolari per natura o target di riferimento. Bisogna altresì tenere in considerazione di come al giorno d’oggi, complici la maggior flessibilità garantita dalla digital delivery e le numerose campagne promozionali messe in campo dai principali competitor, sia sufficiente non farsi prendere dalla foga del day-one ed aspettare qualche mese per potersi accaparrare lo stesso titolo ad un prezzo fortemente ridotto rispetto a quello originale.
Tuttavia, mi chiedo perché
l’industria videoludica non abbia ancora la forza e la maturità per rompere gli schemi e diversificare la propria offerta commerciale da un punto di vista dei prezzi.
Che senso ha proporre The Order a 70 euro, sapendo che poi, entro poche
settimane, la maggior parte delle persone lo riverserà sul mercato dell’usato
decretando la repentina caduta del suo valore commerciale? Se Sony lo avesse proposto, chessò,
a 39 o 49 euro, è probabile che molti utenti non si sarebbero lamentati della
breve durata della campagna, della sua scarsa rigiocabilità e dell’assenza del
multiplayer online. Anche la shitstorm che si è scatenata su internet sarebbe
parzialmente venuta meno e, magari, la stampa specializzata sarebbe stata
maggiormente magnanima. Certo sono solo congetture personali senza alcuni
riprova tangibile. Non sono un esperto di marketing, né tantomeno voglio emulare il Michael Pachter di turno. È ovvio che dietro a questo immobilismo decennale si celino dinamiche di mercato complesse che non sono capace di cogliere. Quello che è certo è che ci troviamo di fronte ad una situazione incancrenita che, al momento,
nemmeno la crescita esponenziale degli store online è riuscita a sovvertire.
Il discorso fatto per The Order
potrebbe poi essere facilmente esteso ad altri prodotti e, perché no, anche
ampliato con altri spunti di spunti di riflessione. Faccio un esempio: non sono un appassionato del gioco
multiplayer online, tuttavia non disdegno affatto gli FPS. Tanto per capirci,
non sono uno che (come va di moda...) schifa a prescindere il Call of Duty o il Battlefield di turno, tanto che le campagne single player dei suddetti titoli le
ho giocate più o meno tutte, ma solo grazie ad amici che mi hanno prestato il gioco per i pochi giorni
necessari a portare a compimento la storia principale. Mi sono infatti sempre domandato perché un utente come me che voglia fruire della sola modalità a giocatore singolo debba essere costretto a
sborsare 70 euro sonanti per poi giocare per le sole 6/8 ore scarse garantite dalla componente secondaria del prodotto (perché di questo oramai si tratta).
Certo, si potrebbe obbiettare che nessuno mi obbliga ad acquistare se non ritengo il prezzo congruo, che basterebbe aspettare che il prezzo cali, che ormai bisogna prendere atto che il mercato va verso quella direzione, che blah blah blah. Ma, davvero, non capisco perché nessuno abbia mai avuto il coraggio di prodigarsi in un’azione di marketing un po’ innovativa ed aggressiva. Possibile che Activision o EA schifino i miei soldi? Dopotutto, almeno sul versante digital, non dovrebbe essere così complicato… Vuoi fruire del gioco in tutte le sue componenti? Sborsa i canonici 70 euro. Vuoi giocare alla sola campagna o al solo multiplayer online? Il prezzo scende a 40 euro. Sono solo esempi, per carità. Però il fatto che l’industria non voglia e/o non riesca ad uscire da schemi ormai stantii è sotto gli occhi di tutti.
Certo, si potrebbe obbiettare che nessuno mi obbliga ad acquistare se non ritengo il prezzo congruo, che basterebbe aspettare che il prezzo cali, che ormai bisogna prendere atto che il mercato va verso quella direzione, che blah blah blah. Ma, davvero, non capisco perché nessuno abbia mai avuto il coraggio di prodigarsi in un’azione di marketing un po’ innovativa ed aggressiva. Possibile che Activision o EA schifino i miei soldi? Dopotutto, almeno sul versante digital, non dovrebbe essere così complicato… Vuoi fruire del gioco in tutte le sue componenti? Sborsa i canonici 70 euro. Vuoi giocare alla sola campagna o al solo multiplayer online? Il prezzo scende a 40 euro. Sono solo esempi, per carità. Però il fatto che l’industria non voglia e/o non riesca ad uscire da schemi ormai stantii è sotto gli occhi di tutti.
Il discorso è sicuramente complesso
e per approfondirlo realmente occorrerebbe tenere conto di numerose variabili,
anche soggettive. D’altronde, se è sicuramente vero che il valore di un
videogioco non si deve certo misurare nella sua durata, d’altra parte non si
possono certo biasimare quanti, coi tempi che corrono, storcono il naso all’idea di
spendere 70 euro per 8 / 10 ore di gioco…
Cosa ne pensate? Davvero l’unica strada percorribile è
il “basta aspettare che il prezzo scenda”? Come si deve porre la critica di fronte
a prodotti dalla scarsa longevità come The Order? Dilemmi che risalgono alla
notte dei tempi, ma che, forse, nessuno si è mai degnato veramente di provare a
risolvere. Forse, fa semplicemente comodo così…
.png)
Di
mercoledì, marzo 11, 2015




Discorso interessante e molto complesso. Non essendo io un insider non so come i vari producer discutano e decidano le proprie politiche di prezzo, ma sono quasi certo che ci sono fior di manager e consulenti periodicamente impegnati in tale dibattito strategico. Sicuramente prezzi più aggressivi e/o modulari nonché diversificazione sono idee considerate, sempre. Mi stupirei del contrario. E a memoria negli anni passati ci sono anche stati degli esperimenti interessanti. Lo è anche la distribuzione di titoli ad episodi. Ma per quanto riguarda i tripla A, credo che lo studio di esperimenti e trend su larga scala indichi ancora la fascia 59-69 euro come quella più indicata per il Day One di un titolo console ad elevato costo produttivo.
RispondiEliminaDetto ciò, come tu stesso affermi, dolo l'uscita il prezzo quasi sempre si adegua automaticamente al mercato, alla richiesta del pubblico, in parte (e solo in parte) guidato dalla critica e metascore. Ed a proposito di critica, penso che il videogioco debba in primis essere giudicato come opera in sè, indipendentemente dal prezzo di ieri, oggi o domani, semmai in relazione al tempo ed alla società in cui è stato concepito. Il rapporto qualità/prezzo è cosa da guida agli acquisti: valida per carità, ma inaffidabile per la natura personale di ogni giudizio nonché l'altissima dinamicità del mercato. Un gioco da 7 (se vogliamo sempre affidarci al voto scolastico) lo è al lancio così come dopo 4 anni quando ormai lo si trova regalato nelle patatine.