mercoledì 21 gennaio 2015



L'altro giorno sono stato inaspettatamente preso dalla nostalgia canaglia. No, tranquilli… Al Bano e Romina non c'entrano. Semplicemente, facendo ordine tra le numerose riviste di videogiochi che conservo, mi sono imbattuto nel numero 89 di Retro Gamer, ottima rivista inglese della quale acquisto di tanto in tanto qualche numero quando sono particolarmente interessato agli argomenti trattati. In quell'aprile del 2011, ad attirarmi fu uno dei numerosi speciali dedicati al Commodore 64, con tanto di listone dei titoli che ogni appassionato del glorioso personal computer color cachi dovrebbe ricordare o quantomeno conoscere.

Mi è bastato risfogliare per una decina di minuti le pagine della rivista per far riaffiorare nella mia mente numerosi ricordi della mia infanzia, ricordi che, nonostante le primavere alle mie spalle abbiano raggiunto la ragguardevole quota di 36, non accennano ad affievolirsi. Ho così ripensato con piacere all'immensa felicità di quel Natale del 1983, quando i miei genitori, intuendo la passione sfrenata del loro figlio di appena 5 anni (o forse semplicemente ipnotizzati dallo spot leggermente ingannevole che girava all'impazzata in TV), decisero di spendere la ragguardevole cifra di Lire 973.500 per regalarmi un pezzo di quello che sembrava il primo piccolo pezzo di futuro a materializzarsi nella vita di tutti i giorni. Basta fare una rapida conversione per rendersi conto di come sborsare l'equivalente di oltre 500 euro 21 anni fa non dovesse essere esattamente una passeggiata... Eppure lo fecero (e di questo li ringrazierò eternamente).

I primi anni della mia carriera videoludica furono caratterizzati (come quelli della maggior parte dei ragazzini dell'epoca con la stessa fortuna e la stessa passione) dall'acquisto in edicola delle famose "cassettine", improbabili riviste specializzate che con cadenza mensile proponevano in allegato una cospicua raccolta di giochi dai nomi fantasiosi e bizzarri. Certo, si trattava di pirateria legalizzata (o, quantomeno, non ancora punita dalla legge), ma questo i più (sottoscritto compreso) non lo sapevano (o non se ne curavano…). Fatto sta che ogni volta che si aveva la fortuna di riceverne una in regalo, era davvero un'emozione scoprire cosa avrebbe proposto lo Special Program o lo Special Playgames di turno. I giochi che si portavano a termine o che si giocavano veramente a fondo erano davvero pochissimi. Ma questo non contava. L'importante era fare indigestione di titoli da provare, far galoppare la fantasia per estrapolare da quei pixel quante più storie avventurose, improbabili e diverse possibili.

 

Gli anni passarono veloci, ed arrivò il momento di fare il salto dagli 8 ai 16-bit (ancora oggi mi chiedo che diavolo volessero dire sti "bit" e perché, improvvisamente, nessuno ne ha fatto più menzione...). Il passaggio ad Amiga 500, altro glorioso computer di casa Commodore (ed altro rene di cui si privarono i miei genitori...), ripropose sotto diversa forma il leitmotiv dell'epoca Commodore 64. Grazie alla facilità con cui si potevano copiare i floppy disk, infatti, la pirateria regnava ancora sovrana. Con poche migliaia di lire e qualche amico ben fornito ci si poteva portare a casa la maggior parte dei titoli che venivano rilasciati sul mercato. E dove gli amici non arrivavano, era sufficiente ricorrere al sedicente “negozio specializzato” di zona. Inutile dire che anche in questo caso, complice anche l'assurda curva di difficoltà che caratterizzava buona parte delle produzioni dell'epoca, si passava il tempo più a provare i vari titoli che a giocarli realmente.


Questa sorta di sindrome da possesso compulsivo fine a sé stesso ha avuto un epilogo solo con l'arrivo tra le mie mani della prima console: il Super NES. Devo infatti dire che, al di là di uno sporadico riacutizzarsi della "malattia" nel corso del primo anno di vita domestica di PlayStation, dal momento in cui ho iniziato a giocare solo su console il mio approccio al videogioco è radicalmente mutato. Vuoi per le maggiori disponibilità economiche personali, vuoi per una più matura consapevolezza del mio hobby, la scelta di ricorrere esclusivamente a prodotti originali ha portato con sé da un lato una più oculata scelta dei prodotti da acquistare, dall’altro un profondo cambiamento del mio modo di fruire dei giochi stessi. Da una quindicina di anni a questa parte, infatti, una volta iniziato un titolo, lo porto a termine con una certa regolarità (salvo rari casi in cui il rischio scomunica per eccesso di bestemmie mi spinge a lanciare il disco contro al muro e ad accantonare i buoni propositi appena esposti). Ma le cose sono realmente cambiate? Posso affermare di essere davvero guarito?

Beh, direi proprio di no! Mi basta infatti dare un’occhiata agli scaffali di casa mia (e a quelli virtuali delle mie console) per rendermi conto di come la malattia si sia solo trasformata, ma non sia stata affatto debellata… La sindrome da possesso compulsivo di una volta si è semplicemente evoluta nella ben più preoccupante sindrome da acquisto compulsivo che, puntuale come l’influenza stagionale, si rimanifesta implacabile ogni volta che viene pubblicato un prodotto di mio interesse. Lo so… ne sono consapevole (ne ho già accenato poco più di un mese fa proprio sulle pagine di questo blog), ma non riesco a guarire (ed il recente preorder dell’edizione limitata del nuovo Nintendo 3DS XL dedicata a Majora’s Mask ne è la più lampante testimonianza). E così il backlog, anziché diminuire, continua a rimpolparsi, in una sorta di circolo vizioso dannoso per le mie finanze e per la mia autostima. Che tutto questo sia il retaggio di un’infanzia videoludica frutto di esperienze mordi e fuggi o, più semplicemente, il semplice manifestarsi più o meno irrazionale della mia passione viscerale per questo hobby poco importa. Fatto sta che il tempo a mia disposizione è quello che è, e a meno di licenziarsi dal lavoro e di ritirarsi in un eremo senza vita sociale, le cose non sono destinate a cambiare. Il paradosso è che, da un certo punto di vista, almeno una volta riuscivo a provare tutto! Ora, invece, a volte nemmeno scarto le confezioni dei giochi che acquisto (tanto, mi dico, lo farò quando ci giocherò…).


Non mi resta che consolarmi con la consapevolezza di essere in buona compagnia… C’è chi preferisce, come un tempo, provare più giochi anche a costo di non finirli, chi “si stava meglio quando si stava peggio” e ricade con regolarità nel retrograming sfrenato, chi durante i saldi stagionali di Steam fa incetta di titoli che non giocherà mai e chi, come me, prova godimento nel semplice sapere che “quando ci vorrò giocare è già lì sullo scaffale”.

Strano popolo quello dei videogiocatori…
Unknown
Scritto da Unknown

2 commenti:

  1. La cosa è un po' più complessa a mio avviso. Non dico che siamo a questo livello http://it.wikipedia.org/wiki/Sindrome_da_acquisto_compulsivo ma poco ci manca. Ho vissuto esattamente il tuo stesso percorso, partendo dal Commodore 64 e passando successivamente per l'Amiga 500, dove i giochi più che finirli si provavano. Il motivo era ovviamente quello da te elencato: il giornalaio di fiducia mi vendeva i dischetti e io manco sapevo che erano copiati, d'altronde ero ancora un imberbe fanciullo!

    Le cose sono radicalmente cambiate in epoca PlayStation, ma da quando lavoro e ho un mio reddito, devo dire di ritrovarmi spesso ad acquistare titoli in saldo/offerta o la nuova console in uscita (vedi la prenotazione del New Nintendo 3DS appena piazzata da GameStop). Anche la mia libreria, sia reale che digitale, mi guarda un po' di traverso... perché i titoli in arretrato sono tanti, qualche decina, e molti so che non li giocherò mai nonostante ci abbia speso dei soldi per acquistarli.

    Forse dovremmo semplicemente mettere "ordine" nelle nostre vite, fare un calcolo delle ore medie che dedichiamo a questa passione e comprare solamente quando si ha la certezza di poter giocare quel titolo. Magari ad un prezzo molto più competitivo. E magari operando delle scelte, restringendo parecchio il numero di titoli ritenuti appetibili nel corso di un anno. Anche perché se sappiamo che ne giochiamo 20 in un anno, comprarne 40 non è certamente saggio...

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  2. Quanta verità in questo post.... E ragazzi, sperate solo che non vi prenda la "scimmia" del retrogaming altrimenti... Lì le possibilità di spesa sono infinite, 24 ore al giorno, 365 giorni l'anno. E i prezzi, accidenti, in continua crescita. Senza contare che piu si colleziona, più si cerca il pezzo pregiato e conservato come nuovo. Ora vi devo lasciare però, ho due aste in scadenza nei prossimi sette minuti!

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