L’amore per i videogiochi è solitamente passionale, può essere dirompente così come vivere periodi di profonda crisi. Nel corso degli anni mi è più volte capitato di innamorarmi e disamorarmi di questa ormai trentennale passione. A volte sono i videogiochi a farsi odiare in maniera viscerale, altre volte sono così meravigliosi da riaccendere in me la fiammella. C’è chi riesce meglio in una cosa e chi nell’altra. Chi riesce a farmeli amare follemente è di sicuro Hideki Kamiya, game designer passato prima da Capcom, poi presso quella fucina d’idee chiamata Clover Studio ed ora pedina fondamentale di quello che si può definire come uno dei migliori team di sviluppo indipendenti con sede in Giappone. Qualcuno potrà dire che in realtà non ne sono rimasti molti. Vero, anzi… verissimo. Ma è altrettanto vero che è davvero difficile rimanere indifferenti di fronte alle migliori produzioni di Platinum Games. Bisogna odiare il modo di fare videogiochi tipico dei nipponici per non rimanere perlomeno incuriositi dalla profonda giocabilità di titoli come Vanquish, Metal Gear Rising Revengeance o The Wonderful 101. Per non parlare di quel capolavoro chiamato Bayonetta. Appunto, è proprio della strega Cereza che devo parlare...
Le affinità di GameCube e Wii U trovo siano estremamente marcate. Sia nel loro essere console un po’ sfigate, nate sotto i migliori auspici ma finite ad arrancare e rincorrere la concorrenza, sia per la loro capacità di attirare alcune delle migliori menti creative nipponiche. GameCube ci riuscì con Capcom e Clover Studio, che sfornarono Resident Evil Zero, il remake del primo episodio, P.N.03 di Shinji Mikami, Killer 7 di Suda 51 e due Viewtiful Joe di Clover Studio. Proprio questi ultimi due furono diretti da Hideki Kamiya, pronto a correre in soccorso di Nintendo (e della scarsa line-up di Wii U) con l’originalissimo The Wonderful 101 e più di recente con Bayonetta 2. Un aiuto servito a ben poco, considerando i dati di vendita sia di questi due videogiochi che dell’ammiraglia Nintendo, rimasta impantanata in una situazione che ormai sembra di difficile risoluzione. Ma torniamo a Cereza. Dopo aver graziato le mie pupille nel 2010 con una sensualità senza rivali e con un gameplay “easy to learn, hard to master”, dopo quattro anni è venuto il momento di riprendere in mano il controller e sfidare nuovamente angeli e demoni con la consueta grazia e brutalità che contraddistinguono la Strega di Umbra.
Sono bastati pochi minuti per riconciliarmi con i videogiochi e rincoglionirmi in un tripudio di colori, mosse acrobatiche e scene d’intermezzo quantomeno ammiccanti. Tralasciando la storia, funzionale al gioco ma piuttosto trascurabile (in rigoroso ordine: recuperare la strega amica finita negli inferi, incontrare e seguire un ragazzino misterioso, guardare la scena emozionale, rompere il sedere al boss finale mastodontico), in mezzo c’è tutto quello che un videoGIOCO (la parola GIOCO è volutamente in maiuscolo) dovrebbe offrire: zero lag nei controlli, mappatura perfetta dei comandi, un giusto compromesso tra accessibilità e tecnica, un set di mosse e nemici da far impallidire qualsiasi produzione occidentale, un comparto grafico di tutto rispetto nonostante la potenza ridotta di Wii U. Secondo voi ho mai imprecato per la risoluzione nativa a 720p invece dei roboanti 1080p invocati dagli acquirenti di Xbox One o PlayStation 4 o dei 4K dei giocatori PC? Mai, nemmeno una volta. Non ce n’è bisogno, non quando si è di fronte a titoli di questa caratura.
Tralasciando gli aspetti tecnici, dei quali non me ne frega una fava, ho visto più nemici e boss in questo gioco che in almeno dieci titoli occidentali messi insieme. Davvero, c’è una cura incredibile in tutti gli aspetti della produzione di Platinum Games ed una varietà da far impallidire qualsiasi concorrente. Senza contare l’estrema varietà di metodi offensivi e di combinazioni tra armi superiori (mani) ed inferiori (piedi) che unite insieme danno vita a mosse e concatenazione delle stesse estremamente differenti. Il tutto al fine di eliminare centinaia di nemici ed ottenere valutazioni di livello elevato al termine di ogni livello. Ed è qui che si vede l’estrema rigiocabilità di Bayonetta 2, che spinge il giocatore nella ricerca dei segreti ben nascosti nei livelli e nell’ottenere punteggi più elevati, che garantiscono un maggior quantitativo di denaro sonante da spendere presso il negozio di Rodin. Tra gli oggetti acquistabili ci sono potenziamenti momentanei e permanenti, nuove mosse da sbloccare e costumi alternativi per Cereza (vero nome di Bayonetta). E finito il gioco ad uno dei tre livelli selezionabili, ci si può cimentare con sfide online e nel perfezionamento del proprio stile di gioco. Perché quella medaglia di pietra è un’onta da lavare via con il sangue di angeli e demoni… perlomeno fino all’uscita del prossimo mirabolante titolo di Platinum Games. Nella speranza di poter parlare di un altro grande capolavoro. Vero, Scalebound?
Come ben sai avrei voluto scriverne io di Bayonetta 2, mio assoluto GOTH (Game Of The Holidays). Davvero credo d'essermi innamorato di Cereza. Però.. però non è corretto far la corte ad una donzella già impegnata, e la vostra storia è iniziata ben prima di queste feste. Quindi.. beato te! :) Ma che tu sappia... l'amica, quella Jeanne, è libera? :P
RispondiEliminaScherzi a parte, gran gran gioco: complesso ma al contempo accessibilissimo, veloce, coloratissimo, davvero l'equivalente videoludico del Carnevale di Rio. Faccio ammenda per non essermi lasciato conquistare prima: e dire che la mia copia di Bayonetta per Xbox 360 è da anni sul mio scaffale, tutt'ora incellophanata. Come, ahimè, tanti altri titoli...