giovedì 25 settembre 2014
Il paradiso degli oggetti perduti


Dove finiscono gli oggetti che non usiamo più? Me lo domando soprattutto per gli oggetti che perdiamo di vista. Quelli per cui possiamo perdere interesse. Quelli di poco valore. Dove finiscono per esempio le matite? Non mi ricordo di aver mai temperato fino alla fine una matita in vita mia. Non ho mai buttato via una matita perché era finita. Eppure nella mia vita ne ho comprate tantissime. Misteriosamente capita. Capita il giorno in cui ti serve quell’oggetto che ricordavi di avere, ma che poi hai perso di vista ed è sparito. E’ un fenomeno accettato, che lì per lì pare normale. Come se niente fosse, senza pormi troppe domande capita il giorno in cui mi compro una matita nuova. Chissà se dal paradiso degli oggetti perduti un giorno tornerà a trovarmi la mia matita della terza elementare. Era una matita brutta per gli standard moderni. Vecchio stile. Un po’ austera. Eppure amica, con i tratti caratteristici che riconoscerei. Il segno di qualche morso che le avevo dato, e di cui ricordo ancora la sensazione tenace ma anche cedevole sotto i denti. La gomma consumata in modo irregolare e rotta da una parte. Scrivere con quella matita probabilmente mi darebbe una sensazione forte. Una congiunzione tra il me bambino e me adulto. Potrei ritrovarmi travolto in un vortice di deja-vu, ricordi confusi, sensazioni. Mi immagino la scena: dentro di me sono travolto da un viaggio emozionale bellissimo e inspiegabile. Da fuori sono un vecchio che scrive con una matita vecchia. Un miserabile con un sorriso sulle labbra.

Pochi giorni fa mi sono trovato proprio in questa situazione: dal paradiso degli oggetti perduti è venuto a trovarmi un vecchio gioco. Vecchio per davvero. Uno di quei JRPG che erano fuori moda già venti anni fa. Il solito mondo caduto nelle tenebre da salvare, con la sua mappa, le sue città, le fortezze, gli scontri casuali, i negozi di armature, le locande che ricaricano punti vita e punti magia. In linea con lo spirito del genere… beh… è stato un incontro casuale. O forse no. Non so. Però non è stata una cosa voluta. Ero sull’App Store che cercavo altro, ma nel mezzo della mia ricerca sono stato attratto da un’icona che aveva qualcosa di vagamente familiare. Stupore: Dragon Quest. Il primo episodio, pubblicato qualche giorno fa da Square Enix. Da ragazzino andavo matto per quel genere e Dragon Quest è sempre stato per me un classico gioco vorrei ma non posso. All’epoca, infatti, per una cartuccia ci voleva la mitica centomilalire, e non c’erano mai abbastanza natali, compleanni e prime comunioni per raccogliere tutte le centomilalire necessarie. Toccava lasciare sullo scaffale tanta roba. In particolare io ho dovuto lasciare sullo scaffale più volte i miei amati JRPG, perché sapevo che una volta finiti, il mio interesse sarebbe svanito e non li avrei più rigiocati. A quel punto come intrattenermi fino al reperimento della centomilalire successiva? I più sagaci risponderanno “Postalmarket”. Vero. Il punto è che in più occasioni ho dovuto lasciare sullo scaffale episodi della serie Dragon Quest. Ma quello è il passato. Attualmente sull’App Store c’è il primo episodio, e qualche giorno fa me lo sono ritrovato davanti, in tutta la comodità ed economicità del digital delivery. L’impulso al click è partito direttamente dalla spina dorsale, dal sistema simpatico. Il cervello non ha potuto fare altro che registrare il fuoriprogramma rapido ed inaspettato. Che pistola… cosa me ne faccio di un JRPG nel 2014?!? Son vecchio per queste cose. Non ho tempo per giocare. Men che meno per giocare qualcosa di strutturato come un JRPG. Lo dovrei eliminare, ma istintivamente faccio invece partire il gioco.


La musica. L’ambientazione. I personaggi. È stato un improvviso viaggio emozionale al fianco di me bambino, in cui il me bambino e il me adulto si sono incontrati. È stata una sensazione incredibile, di comunione con la mia infanzia, di consapevolezza intima delle varie fasi dell’esistenza, e di come ogni singola fase influenzerà tutte le successive. Ho tracciato con la biro blu sulla carta le mappe dei dungeon. Mi sono sorpreso a pensare al gioco anche quando non mi trovavo davanti allo schermo. Ho percepito la voglia di arrivare a casa per proseguire la mia avventura. È stato tutto come ai vecchi tempi: bello ed emozionante.


E adesso?
Adesso ho finito Dragon Quest I.
Ho comprato Dragon Quest IV.
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venerdì 19 settembre 2014
Il Giapponese che mi piace


In lontananza, sebbene sia ancora un puntino sfocato, vedo l’inizio della rinascita del gaming giapponese. Sarà che ho visto su Sky le selezioni di X-Factor e mi sono imbattuto in questo simpatico fenomeno da baraccone, ma oggi vedo di nuovo un futuro per gli sviluppatori della terra del Sol Levante. In un solo giorno il Tokyo Game Show ha portato con sé in dote un nuovo fantastico trailer di Final Fantasy XV, l’annuncio del remaster in HD di Final Fantasy Type-0, venti minuti di gameplay di Metal Gear Solid V: The Phantom Pain, il nuovo trailer e la data di uscita occidentale di Bloodborne e le prime informazioni relative a Resident Evil Revelations 2. Oppure sarà per la mia attesa spasmodica verso l’ormai imminente Bayonetta 2, fatto sta che dopo molti (troppi?) anni bui riesco finalmente a vedere un futuro per i titoli giapponesi. Certo, sono ancora troppo poche le produzioni davvero tripla A, ma perlomeno qualcosa si sta muovendo.


Proprio questo Tokyo Game Show mi ha ricordato come i titoli che più attendo nel 2015, fatta eccezione per The Witcher 3: Wild Hunt, siano tutti a matrice nipponica. Se da una parte Kojima mi ha esaltato dapprima con i tanti gameplay del già citato quinto episodio di Metal Gear Solid e per la geniale operazione di marketing chiamata P.T., dall’altra parte c’è una pletora di titoli tutti potenzialmente interessanti: cominciando da D4, pronto a sbarcare su Xbox One suddiviso in tre episodi, passando per Bloodborne e finendo in un futuro molto lontano con X, Silent Hills e Kingdom Hearts 3.


So già che molti avranno da ridire su quanto scritto poco sopra, ma la mia grande passione per i videogiochi è sbocciata prima e si è ravvivata poi proprio grazie a grandi titoli con gli occhi a mandorla. Senza Final Fantasy VII, senza Resident Evil, senza Chrono Trigger sarei un videogiocatore diverso, o forse non avrei nemmeno più questa passione. Quindi gioia, gaudio e tripudio per questi segnali di risveglio. E ora tutti a cantare R’essenzialeeeeeeee.


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martedì 16 settembre 2014
In equilibrio tra passato e futuro


Sono next-gen munito da quasi un anno. Ho acquistato compulsivamente nell'ordine Xbox One, PS4 ad infine Wii U. Strano Wii U alla fine, lo so, ma è stato l'effetto Mario Kart 8, e cmq già ne ho scritto qui.
Contento di tali acquisti, nessun ripensamento, anche se, per ora, nel suo complesso si tratta più di una soddisfazione in prospettiva che dell'immediatissimo pieno godimento. Certo ho apprezzato Dead Rising 3, NBA 2K14, Watch_Dogs, Ground Zeroes, Super Mario 3D World (post in arrivo), Mario Kart e altro ancora... ma la scelta, visti i miei gusti "difficili" ed una sorta d'intolleranza che limita il mio consumo di FPS a non più di un paio l'anno, è stata più o meno obbligata. Per non parlare dei mesi estivi: diciamolo, quest'estate non è uscito praticamente nulla, a parte un famoso teaser, un paio di brevi beta e qualche "remastered" che per quanto possa essere super-stra-bellissimo, aver giocato gli originali nemmeno un anno fa mi fa per ora scansare le seconde edizioni (tranne eventuali DLC ora inclusi).

Sarà stato per le poche nuove uscite e forse il desiderio di colmare alcune mie lacune nonché il timore che il pluricitato "backlog" mutasse irrimediabilmente in "dimenticatoio". Sarà stata la padana pioggia d'agosto, e meno male che le Baleari ancora non si sono annesse. Io non so perchè (cit. Raz Degan), ma vengo da un mese trascorso, videogiocosamente parlando, con Snake Eater (MGS3), Ikaruga e Luigi's Mansion (il primo per GameCube), e lì pronti ad aspettarmi, scaletta già confermatissima, Conker Live & Reloaded, Psychonauts, Shadow of The Colossus e Dark Souls, intervallando il tutto con i nuovi FIFA e NBA 2K, Forza Horizon 2 e un paio d'altre uscite di fine anno.

Ok, e quindi? Domanda più che lecita: tale playlist sembra non aver alcun tema di fondo, nessun filo logico che colleghi tre/quattro generazioni di console, al di là della fortuna, lo ammetto, di avere tutto il necessario (hardware, software, spazio ed una compagna comprensiva) per fruirne a piacimento.
Eppure un elemento c'è: l'equilibrio, dettato dalla volontà di disintossicarsi dalle sterili discussioni a base di 1080p e 60fps al fine di rinfrescare la convinzione che il videogioco è nell'ordine gameplay, gusto artistico, fantasia e, solo infine, tecnica.

Così torno al passato, gioco quel che fu giudicato capolavoro lustri fa, in SD e magari su tubo catodico, riuscendo a goderne ancora pienamente oggi, tra l'altro felice di aver finalmente rimediato all'imbarazzante mancanza nel mio curriculum videoludico. Poi torno alla next-gen, e che siano 720 o 1080 non conta più: è tutto così bello da vedere, mi concentro finalmente sul gioco, sull'esperienza ludico-emotiva in quanto tale. Chiaro, PS4 e Xbox One devono stupirmi, la graphic whore vive sempre in me, ma non è quello il punto focale. Le gerarchie tra i valori sono ristabilite. Backlog, titolo nuovo, backlog. Next-gen, retrogaming (a qualsiasi livello), next-gen. Oppure anche l'alternanza indie - blockbuster tripla A (questa sembra estranea al discorso, ma non lo è se si pensa al discorso "valori").

Che sia questa la formula giusta? Per me, per il mio essere giocatore da oltre trent'anni, assolutamente sì, funziona a meraviglia: scelta decuplicata, divertimento di qualità a profusione, approfondimento Culturale (con la C maiuscola), sviluppo della consapevolezza critica. E' guardare al futuro, viverlo, imparando dal passato, perpetrandone lo studio.

Che ne pensate? Forse ho solo scritto una spataffiata di boiate e si tratta in fin dei conti di mera nostalgia di mezza età (e quella c'è, visto che sto ordinando una bella Vespa 125 Rossa fiammante). Sta di fatto che mi stia divertendo parecchio, pur nei limiti del poco tempo libero, e tanto mi basta.

E' che poi mi serviva un pretesto per introdurre una nuova rubrica qui sul blog. Ok non esageriamo, diciamo una nuova "etichetta": backlog. Non il retrogaming più classico, non solo almeno, ma opinioni e spunti su tutto ciò che non è più assolutamente attuale, ma a cui le nuove uscite sono certamente riconducibili. Vediamo come va... la famiglia (di POL) si potrebbe allargare. Vediamo... e intanto giochiamo.



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domenica 14 settembre 2014
Venghino Signori, venghino!



Negli ultimi tempi si sta assistendo ad un fenomeno realmente preoccupante, non tanto per le sue implicazioni a breve termine, quanto per quelle potenziali a medio-lungo termine. Sto parlando della sindrome dei saldi e dei pacchi regalo, promozioni commerciali particolarmente aggressive che stanno facendo nascere nei giocatori attitudini potenzialmente rischiose per il mercato.

In principio fu Steam, con i suoi famosi saldi. Come nel più classico dei negozi di abbigliamento, lo store virtuale di Valve ha iniziato a proporre ai suoi iscritti veri e propri periodi di svendita durante i quali è possibile accaparrarsi a prezzi fortemente scontati moltissimi titoli per PC. Poi venne Sony con il suo PlayStation Plus. Dopo aver sposato per anni la filosofia della gratuità del gioco online, il colosso giapponese si è trovato a dover fare i conti con la mancanza di una consistente fetta di introiti derivante dagli abbonamenti. Non potendosi rimangiare la parola e dovendo preparare il terreno all’online a pagamento della futura PlayStation 4, Sony ha così deciso di attirare gli utenti proponendo agli abbonati una selezione mensile di giochi gratuiti compresi nel prezzo e forti sconti su molti prodotti presenti nel suo store digitale. Considerato il successo dell’iniziativa, Microsoft si è (lentamente) adeguata al trend imposto dalla concorrente introducendo il servizio Games with Gold per gli utenti Xbox Live Gold.


Infine, l’ultima moda è costituita dai cosiddetti bundle, pacchetti di giochi per PC (e Android) proposti a prezzo irrisori (a volte addirittura a fronte di un’offerta minima) da numerosi siti online (Humble Bundle e Bundle Stars, giusto per citarne un paio tra i più famosi). Tutto questo volendo escludere App Store e Google Play, forse i veri e propri progenitori del gioco tanto e pago poco/niente, al punto che basta leggere le recensioni degli utOnti sui suddetti store per rendersi conto di come anche pagare 89 centesimi per un gioco sia ormai diventato motivo buono per gridare allo scandalo e inveire contro il malcapitato sviluppatore di turno.



A questo punto chi legge potrebbe legittimamente non capire dove voglio arrivare. In effetti, mettendosi dalla parte degli utenti, quanto sopra non può che costituire motivo di gaudio e tripudio per portafogli mai come in questo periodo in sofferenza. In realtà, analizzando il fenomeno con più attenzione, le cose non sono a mio avviso così positive come in realtà appaiono. Il mercato, infatti, si sta letteralmente drogando, tanto che ad acquistare un titoli a prezzo pieno ci sente quasi degli spreconi. “Tanto tra un paio di mesi lo si trova a metà prezzo da Amazon”. “E se tra un po’ lo regalano col Plus?” “Vedrai che finisce nei prossimi saldi di Steam!”. Esclamazioni (legittime) che si sentono proferire sempre più spesso ai giocatori, soprattutto quelli più appassionati che magari hanno a disposizione più macchine e, quindi, possono attingere alle offerte di più competitor.


Conoscendo personalmente persone che sviluppano videogiochi, vi posso assicurare che al già annoso problema di avere una visibilità sui suddetti store (ormai letteralmente inondati di prodotti), si sta aggiungendo anche questo problema: fare soldi è diventato molto, molto complicato, proprio a causa del crescente svilimento del valore commerciale dei prodotti.

La paura è che l’effetto perverso di questo meccanismo sia alla lunga quello di allontanare dal mercato videoludico una fetta sempre più consistente di sviluppatori e publisher, incapaci, appunto, di avere un ritorno economico dagli investimenti. Speriamo non sia così e che il mercato riesca in qualche modo a trovare un suo equilibrio senza grossi sconvolgimenti negativi per nessuna delle parti in gioco.
Continua...
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