Avete presente la scala di Penrose? Ok, il nome del matematico che l'ha ideata me l'ha suggerito Wikipedia, lo ammetto, ma il concetto mi era già noto. E sicuramente lo é anche per voi. Si tratta di quella serie di gradini che sale all'infinito tornando sempre su se stessa, al punto di partenza. Tridimensionalmente impossibile, ma raffigurabile in dueddì sfruttando la prospettiva. Ideata a metà Ottocento, regolarmente utilizzata a scopi intellettuali e artistici quali, per citare due esempi cinematografici, nel Labyrinth con David Bowie e nel più recente Inception con il plurinominato Di Caprio.
Perché scomodare Onan,
secondo figlio di Giuda per parlare di Ground Zeroes? L’accostamento tra
l’ultima opera di Hideo Kojima e la pratica dell’onanismo o del coito
interrotto potrebbe sembrare un po’ forte o fuori luogo. In realtà è la prima
cosa che mi è passata per la mente subito dopo aver completato il gioco e
riposto il disco nella confezione. Perché è pur vero che le mie statistiche
dicono dieci ore di gioco, ben quattro in più di quelle passate in compagnia di
Ryse, ma è altrettanto vero che io gioco gli stealth con grande attenzione e
con velocità degna del miglior bradipo.
Il vero problema risiede nel fatto che il gioco è essenzialmente una demo,
niente di più e niente di meno della prima missione sulla nave in compagnia di
Solid Snake in Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty. Al secondo o terzo
passaggio basta un quarto d’ora per arrivare ai titoli di coda, tra l’altro
senza nemmeno fare troppa fatica. Il coito interrotto è però rappresentato non dal quantitativo di ore necessarie a portare a termine il gioco (o la demo,
a voi la scelta), quanto nel fatto che la trama è solo abbozzata, con mille
rimandi a Peace Walker, stranamente poche cut-scenes (giusto ad inizio e fine
gioco) e soprattutto nessun boss epico o nemico particolarmente carismatico con
cui confrontarsi.
Sono passati circa 30 anni dalla mia prima esperienza con un videogioco, più precisamente da quando nel Natale del 1983 mio padre decise di privarsi di un rene per acquistare l'oggetto dei desideri di quello che già all'epoca aveva i tratta distintivi di un futuro nerd: il Commodore 64. Da allora, tra acquisti di hardware e software, ho sperperato quantità incommensurabili di soldi. Non è certo mia intenzione tediare chi legge con un'inutile carrellata degli oggetti che sono entrati (e troppo spesso - per fare un minimo di cassa - anche usciti) in casa mia in questi sei lustri. Questo noioso incipit mi è invece utile per introdurre una riflessione sorta in seguito ad una delle sempre più frequenti fasi amarcord tipiche di chi sta per varcare la soglia dei 35 per avvicinarsi a quella ben più temibile degli 'anta.
Alzi la mano
il videogiocatore ultratrentenne privo di un backlog di titoli ancora da
fruire, accumulato sullo scaffale nell'angolo più nerd di casa o nella sua
versione più moderna digital-only. Eccomi, braccio levato, reo confesso. Ma non
si tratta solo di acquisti compulsivi effettuati in momenti della vita poco
propensi al sollazzo videoludico. Microsoft e soprattutto Sony ci stanno pure
mettendo del loro, "regalando" mensilmente giochi piuttosto
interessanti ai propri abbonati. Non tutto oro colato, chiaro, ma spesso titoli
che, per il sottoscritto, sono sempre stati suscettibili d'interesse,
nonostante quel briciolo di sporadica ragione ne avesse sempre evitato
l'acquisto oneroso.
Detto ciò,
quale momento migliore di questa prima fase di next-gen così avara di triple A
per dedicarsi a godere un po' di quanto accumulato? Così, dopo Beyond Two Souls
(apprezzatissimo, ma già discusso in questa sede da Alberto) è stata la volta
di Catherine, titolo Atlus (quelli di Persona per intenderci) di cui l'anno
passato diversi filmati suscitarono la mia curiosità, ma senza farmi davvero
capire quale diavolo fosse la natura del gioco. E ora so perché: Catherine è un prodotto assolutamente originale, certo non perfetto, ma tanto
tanto diverso da qualsiasi altro titolo più o meno recente (e, a mia memoria,
anche molto più datato).
I rumors erano
nell’aria da tempo, da mesi, ma apparivano, quantomeno al sottoscritto, come le
più classiche speculazioni da calciomercato estivo tanto erano prontamente
smentiti dalle alte sfere di Redmond: “Kinect è parte imprescindibile dell’esperienza
Xbox One”, “Kinect non è inteso come accessorio opzionale, e questo gli
sviluppatori lo sanno”. E poi, ieri, l’annuncio ufficiale. Dal
prossimo 9 Giugno Xbox One sarà venduta anche senza la sua “telecamera”, al
prezzo ridotto di 399€, allineandosi così al listino della concorrente Sony. Ennesima bufala? No, la notizia è subito confermata da tutte le principali testate
specializzate, poi ufficialmente dallo stesso Phil Spencer.
Qualche giorno fa ho cominciato a pensare intensamente. Le meningi
fumavano come una ciminiera mentre fissavo con nemmeno tanto velata ottusità lo
schermo della mia televisione. Pensavo al giocatore appena trovato in uno dei
pacchetti della modalità FIFA Ultimate Team di FIFA 14 con un misto di felicità
e schifo verso i soldi che sto spendendo per comprare delle figurine virtuali.
Pensavo e contavo le centinaia di euro che si sono volatilizzati in pacchetti
che spesso contengono solo della gran fuffa.
E ho quindi pensato “siamo sicuri che FUT significhi FIFA Ultimate Team?”. Per
citare il titolo dell’articolo, ho letteralmente “coperto di soldi” Electronic
Arts comprando centinaia e centinaia di pacchetti, salvo trovare non più di una
decina di giocatori degni di essere venduti per una cifra decente. E allora
credo proprio che FUT sia l’acronimo di “Fotti Utenti Tonti”, che ho il piacere
di chiamare Utonti.
Ma quanti sono gli Utonti che mi fanno compagnia nello spendere amabilmente i
propri soldi in figurine di calciatori virtuali? Beh, pare siano davvero un esercito!
Le vendite digitali di FIFA hanno infatti generato oltre 145 milioni di dollari
nei primi sei mesi del Fiscal Year 14. E pare ovvia una crescita nei mesi
successivi e negli anni a venire, considerando che le vendite di FIFA 14 sono
superiori a quelle della precedente edizione.
Ma da cosa deriva la stupidità della tribù degli Utonti? Quali sono le
motivazioni che spingono gli amanti del calcio virtuale a foraggiare Electronic
Arts con denaro frusciante, tra l’altro di gran lunga superiore a quello del
mero acquisto del gioco? Le motivazioni sono a mio avviso molteplici: in primis
c’è il “brivido” del gioco d’azzardo, perché i meccanismi sono gli stessi. Si
apre un pacchetto e si aspetta di vedere se c’è qualcosa di buono dentro. Un po’
come quando si gratta con calma un gratta e vinci nella speranza di incappare
in qualche vincita cospicua. Dall’altra parte c’è il desiderio di accaparrarsi
i giocatori “IF”, cioè “In Form” che fanno parte del Team of the Week,
rilasciato ogni mercoledì dal team di sviluppo del gioco. E poi le carte
arancioni MOTM
(Man of the Match) per le coppe o attualmente (nei pacchetti proprio in queste
settimane) le super potenziate carte blu per i TOTS
(Team of the Season) dei vari campionati.
C’è quindi la brama, la rincorsa al
giocatore potenziato che da la possibilità di avere sul terreno di gioco
qualcuno in grado di sovvertire in pochi secondi gli equilibri di una partita.
E, nascosta nel profondo del cuore, una gran voglia di far vedere che si mette
sul campo una squadra composta dalle stelle più brillanti del firmamento del
calcio mondiale. Ma vale davvero la pena spendere centinaia di euro in figurine
virtuali? La risposta è no, ma d’altronde l’ho detto, gli Utonti sono tanti ed
i guadagni digitali di FIFA sono lì a dimostrarlo.
E quindi tutti a cantare… Coprimi di soldiiiiiiiiii.
Correva il lontano anno 1974 quando un Riccardo Cocciante in grande spolvero estraeva dal suo personale cilindro musicale "Bella senz'anima", canzone destinata a divenire il più popolare successo del cantautore italo-vietnamita (già, perché forse non molti lo sanno ma il buon Cocciante è nato a Saigon, città oggi conosciuta come Ho-Chi Minh). Nel brano, l'artista descriveva in maniera piuttosto chiara e di impatto i pochi attimi prima che un uomo ponesse fine alla relazione con la propria compagna, resosi conto della natura di implacabile seduttrice senza altre qualità "interiori" della donna.
Ora, è doveroso premettere come il sottoscritto non sia assolutamente un fan di Riccardo Cocciante. I miei gusti musicali sono (decisamente) altri. Eppure, per non so bene quale strano meccanismo neurale scaturito nel mio cervello ormai probabilmente ed irrimediabilmente fritto, è stata proprio questa canzone a balzarmi in mente quando qualcuno mi ha chiesto un rapido giudizio su inFAMOUS Second Son dopo averlo completato al 100% (una sola passata in versione eroe, si intende).